A Gloria del Gran Maestro dell’Universo e del Nostro Protettore San Teobaldo

 

GARIBALDI COI SANSIMONIANI

I DODICI ESULI

di Giovanni Pascoli

 

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Filava la goletta ad ali aperte. Quasi
striscia di luna ardea la scia fosforescente.
Soffiava ancora il caldo odore delle oàsi.
Era la notte luminosa d'Orïente.

*

Sovra coverta un gruppo era adagiato a tondo,
di dodici stranieri in lunghe vesti bianche.
Avean bordone al lato ed una corda all'anche.
Avanti loro, dritto e grave, era il Secondo.

Lungo, il cammino loro! Avean patito fame,
avean falciato il fieno, avean mietuto il grano,
parlato a turbe, tesa a qualche pio la mano,
e maledetto al sangue a piè del palco infame.

Rincorsi dalla plebe e dalla legge oppressi,
s'erano posti in via, pellegrinando assòrti.
Dormian nei cimiteri, in compagnia dei morti,
sul marmo dei sepolcri, al tronco dei cipressi.

Ma ora discendea la pace. Era l'avvento.
Parlavano soave al lume delle stelle.
E dalla Terra Nera ov'è la Sfinge, il vento
moriva in un ronzio di sartie e di griselle.

*

- Dio! Tutto ciò che è. Noi siamo in lui, da lui.
Nessuno è Dio, nessuno è fuor di Dio, ch'è tutto.
Che è ciascun vivente? Un seme. Il seme, il frutto.
Io sono: sarò sempre. Io sono: sempre fui.

È l'Universo un tempio: il tempio di Dodona.
Pendono bronzei vasi ad una selva immensa.
Uno ne tocchi, vibra ogni altro. Il Cielo pensa,
e la Terra lontana a quel pensier risuona.

Amore. sei tu, Dio! Ma solo ti riveli
pensiero e forza: l'occhio e la possente mano.
O nuovo Adamo ed Eva, o riprincipio umano,
ti sia, qual è, la Terra: una stella dei cieli!

Lavora, adora. Sappi e crea. Sempre più! Chiedi
alla messe il tuo pane, e non al mietitore.
Abbiano la tua vita, e non l'altrui, gli eredi.
E in terra sarà Dio, ché vi sarà l'amore. -

*

E David intonò l'inno di pace; e calme
sorsero su le calme onde le voci in coro.
Cantarono la Madre, Eva del tempo d'oro,
Eva aspettante al pozzo, all'ombra delle palme:

del tempo avanti noi, non dietro noi: miraggio
che sembra un sogno in cielo ed è un'oàsi in terra;
dove riposerà l'uomo che soffre ed erra,
e pace avrà dal forte, e bere avrà dal saggio.

E poi, sotto le stelle, essi giaceano vinti
dal sonno. Ed il Secondo anche restò sul ponte
e guardava, tra l'acqua e l'aria, all'orizzonte,
là, tra i presagi informi ed i ricordi estinti.

Parea di là guardarlo, allora apparso, Arturo.
E Garibaldi assòrto era nel ricordare
di qual Argo il timone esso reggea, securo,
in una sacra notte, in un ignoto mare...

 


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