A Gloria del Gran Maestro dell’Universo e del Nostro Protettore San Teobaldo

FRATELLI D'ITALIA

di Goffredo Mameli

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Come nacque l'inno

La testimonianza più nota è quella resa, seppure molti anni più tardi, da Carlo Alberto Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli. Siamo a Torino: "Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari - Del nuovo anno già l'alba primiera - al recentissimo del piemontese Bertoldi - Coll'azzurra coccarda sul petto - musicata dal Rossi. In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To' gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. - Io sentii - mi diceva il Maestro nell'aprile del '75, avendogli io chiesto notizie dell'Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po' in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia."

Fratelli d'Italia

Inno scritto nel 1847 da Goffredo Mameli e musicato lo stesso anno da Michele Novaro.

Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa (1)

Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma
Che schiava di Roma
Iddio la creò.

Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte
Italia chiamò

Noi fummo da secoli
Calpesti e derisi,
Perchè non siam popolo,
Perchè siam divisi.

Raccolgaci un' unica bandiera,
Una speme,
i fonderci insieme
Già l'ora suonò.

Stringiamci a coorte...

Uniamoci, uniamoci
L'unione e l'amore
Rivelano ai popoli
Le vie del Signore

Giuriamo far libero
Il suolo natio
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?

Stringiamci a coorte...

Dall'Alpe a Sicilia
Dovunque è Legnano ,
Ogn'uomo di Ferruccio
Ha il cuore e la mano,

I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla
Il suon d'ogni squilla
I vespri suonò (10).

Stringiamci a coorte...

Son giunchi, che piegano,
Le spade vendute .
Già l'aquila d'Austria
Le penne ha perdute

Il sangue d'Italia
Bevé col cosacco
Il sangue polacco
Ma il cor lo bruciò.

Stringiamci a coorte...

 


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